Invalidità - Diritto all’accompagno – Legge 18/1980

FOCUS

L’ACCERTAMENTO TECNICO PREVENTIVO EX ART. 445 BIS C.P.C.

Quando la Commissione medica ASL non riconosce all’invalido totale e permanente al 100% l’indennità di accompagnamento. Come agire per l’ottenimento di tale beneficio fiscale di fronte al diniego della P.A.?
E’ sotto gli occhi di tutti il dilagare del fenomeno dell’invecchiamento della popolazione italiana; ognuno di noi si è trovato a dover fronteggiare i problemi che derivano dalla condizione dell’età particolarmente avanzata di un genitore, di un nonno o di uno zio. Gravi difficoltà deambulatorie, malattie invalidanti, complicazioni che oltre a debilitare il paziente sul piano fisico, creano anche notevoli disagi sotto il profilo dei costi necessari a sostenere le terapie o ad acquistare le apparecchiature di supporto per persone che si trovino nella impossibilità di deambulare senza l'aiuto permanente di un accompagnatore o, non essendo in grado di compiere gli atti quotidiani della vita, abbisognino di una assistenza continua. Inizia, allora, un lungo iter per ottenere il riconoscimento dell’invalidità; purtroppo, però, non sempre – malgrado il richiedente sia stato riconosciuto affetto da invalidità totale e permanente al 100% - le Commissioni mediche INPS arrivano a riconoscere l’indennità di accompagnamento ex Legge del 11 febbraio 1980 n. 18. Ed ecco che si crea un ostacolo insormontabile per tantissime famiglie che convivono o hanno un familiare che patisca una simile condizione, talvolta anche non anziano. E a quel punto il cittadino che voglia far valere il proprio diritto spesso preferisce rinunciare, immaginando di dover intraprendere un’estenuante guerra in Tribunale, dalla durata non sempre breve e dall’esito incerto.
In realtà, a ben vedere, il Legislatore ha già introdotto da diversi anni, la possibilità di ricorrere a un istituto agile ed efficace, che scongiurerebbe tortuose lungaggini che hanno come unico risultato quello di prostrare l’utente: si tratta dell’Accertamento Tecnico Preventivo ex art. 445 bis c.p.c., entrato in vigore nel 2012.
Senza voler addentrarci in una disamina approfondita dell’istituto, in questo articolo, punteremo l’attenzione su due tipologie di casi – tra i più diffusi in materia – di cui lo Studio Legale Pietrangeli ha avuto modo di occuparsi.
Il primo caso verte sull’ipotesi di un utente il quale, pur essendo riconosciuta la sua invalidità al 100%, in quanto giudicato “… Invalido ultrasessantacinquenne con difficoltà persistenti 100% a svolgere i compiti e le funzioni proprie della sua età – Portatore di handicap in situazione di gravità (art. 3 comma 3 L.104/92) …” dalla Commissione medica INPS incaricata, inspiegabilmente non si vedeva riconoscere i benefici economici di cui all’indennità di accompagnamento ex legge 11 febbraio 1980 n. 18.
In un’ipotesi del genere, quando, appunto, ci si veda negare i benefici economici di cui alla L. 18/1980 (indennità di accompagnamento) qualora si sia già ottenuto il riconoscimento di una invalidità totale e permanente al 100%, ci si può avvalere dell’istituto dell’A.T.P. ex art. 445 bis c.p.c. L’istanza si introduce con ricorso e il procedimento si incardina davanti al Tribunale – sezione Lavoro.
Il ricorso deve contenere una descrizione dettagliata del quadro clinico dell’utente (con indicazione delle eventuali patologie diagnosticate), dell’inoltro della domanda alla competente Commissione Sanitaria, ai fini della visita per l’accertamento dell’invalidità civile ex art. 1, legge dell’11 febbraio 1980 n. 18 e ss. mm., intesa ad ottenere il riconoscimento dell’infermità e la corresponsione della relativa indennità di accompagnamento, nonché il riferimento al verbale con il quale la Commissione medica ASL riconosce l’invalidità totale e permanente del 100%, il tutto corredato dalla documentazione sanitaria allegata al medesimo ricorso; l’istanza andrà rivolta al Tribunale – sez. Lavoro – al quale si domanderà di nominare un consulente tecnico d’ufficio affinché disponga l’accertamento tecnico ex art. 445 bis c.p.c. per la verifica preventiva delle condizioni sanitarie legittimanti la pretesa dell’istante, relativa alla corresponsione dell’indennità di accompagnamento ai sensi delle Leggi n. 18/80, n. 508/88 e n. 509/88; nonché di disporre con decreto la fissazione dell’udienza di comparizione; fondamentale, è la richiesta di omologare – in caso di esito positivo per il ricorrente – le risultanze probatorie contenute nella relazione del CTU (ottenendo in tal modo la “cristallizzazione” della valutazione medico-legale dell’ausiliario nominato dall’Organo giudicante); ed, infine, sarà utile chiedere la condanna dell’INPS al pagamento delle spese e delle competenze del procedimento attivato.
Nel caso in esame, il ricorso veniva depositato nel giugno del 2017; il Tribunale – sez. Lavoro – nella persona del Giudice designato fissava con decreto (decreto di fissazione udienza di comparizione) l’udienza di comparizione delle parti, invitando il ricorrente a notificare l’istanza di A.T.P. ex art. 445 bis c.p.c. unitamente al medesimo decreto all’INPS e ordinando, altresì, la convocazione alla stessa udienza del medico legale per la sua nomina a CTU. Seguivano le notifiche all’INPS (solitamente, come nella vicenda descritta, si procede alla notifica presso la Sede Legale dell’Ente previdenziale, presso la Direzione Provinciale e laddove conosciuta presso la Sede Territoriale) e l’udienza di comparizione, dove talvolta può accadere che l’INPS non si costituisca, come in effetti è avvenuto nella circostanza presentata. Il Tribunale procedeva poi ad un rinvio dell’udienza per la nomina del CTU. Ed è proprio questo il punto che ci interessa sottolineare. Il consulente tecnico d’ufficio fissava un incontro per sottoporre a visita il “periziando” (il ricorrente – paziente – che domanda i benefici economici di cui alla Legge n. 18/80), all’esito della quale redigeva una relazione. Nella relazione di accertamento tecnico preventivo, il medico legale nominato dal Tribunale, dopo aver riassunto la vicenda clinica del ricorrente, (dalla cui documentazione allegata al ricorso emergeva, quale valutazione della Commissione ASL, il seguente giudizio: “… Invalido ultrasessantacinquenne con difficoltà persistenti 100% a svolgere i compiti e le funzioni proprie della sua età – Portatore di handicap in situazione di gravità (art. 3 comma 3 L.104/92)”...), esaminata la documentazione medica esibita dall’istante, descritta l’anamnesi del paziente, rilevato l’esame obiettivo della condizione di salute del soggetto sottoposto a visita, esprimeva le sue considerazioni medico legali, riscontrando gli esiti di una lobectomia polmonare e gli esiti di una laringectomia sopraglottica endoscopica e una tracheotomia.
Analizzato lo stato morboso del paziente, il quale, appunto, per stesso riscontro del medico legale si era visto compromettere gravemente la salute in maniera del tutto invalidante a causa delle gravi patologie subite, il CTU riteneva, sussistessero le condizioni cliniche per la concessione del beneficio ex art.1 L.18/80 in favore del richiedente. Sebbene il ricorso fosse stato introdotto nel giugno del 2017, l’ausiliario del Giudice, affermava che la decorrenza dell’indennità di accompagnamento potesse essere fissata alla data del maggio 2016, periodo nel quale vi era stata un’evoluzione peggiorativa del complesso morboso del ricorrente.
La relazione del CTU, quindi, come anticipato prima, fissava saldamente il principio che poi il Tribunale sarebbe andato a cristallizzare in sede di emissione del decreto di omologa. Nel decreto ex art. 445 bis, 5° comma, c.p.c. la sezione Lavoro del Tribunale, infatti, “confermava” quanto riscontrato dal medico legale incaricato, omologando l’accertamento del requisito sanitario secondo le risultanze probatorie indicate nella relazione del consulente tecnico d’ufficio, indicando quale prestazione di riferimento l’indennità di accompagnamento ex art. 1 Legge n. 18 del 1980 e dichiarando l’accertamento del requisito sanitario come positivo. Non mancava, inoltre, la condanna dell’INPS alle spese della procedura che venivano espressamente liquidate dal Tribunale. Dall’incardinazione del procedimento all’emissione del decreto di omologa (dicembre 2018) trascorreva circa un anno e mezzo, un periodo – considerati gli ordinari tempi della giustizia di merito di almeno tre anni – piuttosto breve per ottenere il riconoscimento di un beneficio fondamentale per l’avente diritto.
Il secondo caso che intendiamo proporre all’attenzione del lettore, non è molto dissimile dal quello appena esaminato.
Si tratta dell’ipotesi di una donna ultranovantenne affetta da diverse patologie, che la Commissione medica ASL riconosceva invalida totalmente e in modo permanente “… con difficoltà persistenti 100% a svolgere i compiti e le funzioni proprie della sua età (D.L. 509/88 e D.L. 124/98) …”. Pur essendo riconosciuta la sua impossibilità deambulatoria “… senza l’aiuto permanente di un accompagnatore …” e la sua incapacità di “… compiere gli atti della vita senza assistenza continua …” otteneva il diritto al 100% di invalidità senza l’indennità di accompagnamento ex Legge 11 febbraio 1980 n. 8. Si verificava, inoltre, che in occasione della visita, la Commissione medica riconosceva i benefici di cui alla L. 104/1992. Sorvolando, ora, sulla fase introduttiva del ricorso (già esaminata dettagliatamente nel caso esaminato prima), soffermiamoci su quanto il medico legale nominato dal Tribunale quale consulente tecnico d’ufficio ravvisava a seguito della visita a cui si sottoponeva la paziente-istante.
La perizianda – a detta dell’ausiliario del Giudice – risultava incapace di svolgere le principali attività quotidiane come fare il bagno, vestirsi, utilizzare la toilette e il telefono, fare acquisti, utilizzare i mezzi di trasporto, assumere la terapia farmacologica, amministrare le proprie finanze.
Motivo per cui il CTU riteneva sussistere i requisiti sanitari di cui all’art. 1 della L. 18/80, in forza dei quali il Tribunale avrebbe poi emesso il decreto di omologa con il riconoscimento della prestazione dell’indennità di accompagnamento. In questo caso i tempi di giustizia risultavano addirittura più celeri rispetto a quanto accaduto per il primo caso esaminato: tra l’attivazione del procedimento e la pubblicazione del decreto trascorreva poco meno di anno.