L’AMMINISTRATORE DI SOSTEGNO (ADS)

FOCUS

Non solo gestione del patrimonio nell’interesse del beneficiario, ma anche cura degli interessi della persona bisognosa. L’amministratore di sostegno: “contabile-psicologo”, professionalità e sensibilità al servizio dei più fragili.

L’istituto dell’amministrazione di sostegno fu introdotto dalla L. n° 6 del 9 gennaio 2004 allo scopo di attenuare i rigidi e ormai obsoleti strumenti dell’interdizione e dell’inabilitazione, i quali – come gli stessi nomi suggeriscono – andavano ad intaccare la dignità della persona nella sfera dell’autodeterminazione, incidendo fortemente sulla capacità di agire del soggetto che veniva sottoposto a tali misure.
Diversamente, attraverso l’amministrazione di sostegno il Legislatore affiancava alla persona bisognosa una figura di supporto che interveniva nella maniera meno invasiva possibile nella vita dell’individuo da tutelare, ponendo in rilievo la persona, le sue esigenze e anche le sue aspirazioni per quanto, nei casi più gravi, semplici e basilari. Una figura, quella dell’amministratore di sostegno, quindi, che avrebbe dovuto assumere una funzione non solo economica (gestione patrimoniale) ma anche assistenziale (cura della persona).
Nell’esperienza del nostro Studio legale, è stato possibile percepire, toccare con mano il risvolto umano che reca in sé l’incarico di amministratore di sostegno. A volte ci si trova quasi ad assumere il ruolo del figlio, fratello o nipote, dell’amico mancato della persona amministrata, spesso emarginata dalla società a causa della condizione di instabilità psichica in cui la stessa versa. Storie difficili, tra le cui maglie ci si deve muovere con prudenza per evitare di essere irretiti, avvolti e rimanere impigliati. Districarsi nel dedalo di situazioni irrisolte che queste vite cela, richiede un continuo esercizio di equilibrio, mantenendosi saldi sul terreno di un sano distacco professionale, senza però dimenticare una necessaria dose di umanità e di sensibilità, in mancanza della quale si finirebbe per diventare un cinico “passa carte”.
Si è accennato alle fragilità delle persone a cui l’istituto in rassegna è destinato. Sì, ma quali sono i presupposti di legge in forza dei quali i soggetti beneficiari possono essere individuati?
La risposta si trova nell’articolo 404 c.c., in virtù del quale la persona affetta da infermità o menomazione fisica/psichica che renda impossibile, anche temporaneamente, provvedere ai propri interessi, può essere assistita da un amministratore di sostegno.
Sussistono diverse interpretazioni al riguardo, da quelle più restrittive che ritengono necessaria la misura di protezione in esame solo come extrema ratio, quando sussiste un effettivo deterioramento delle funzioni cognitive del soggetto beneficiario, un evidente deficit delle facoltà intellettive; a quelle, invece, più estensive che includono lo strumento di assistenza anche nell’ipotesi della persona anziana che abbia solo difficoltà deambulatorie tali da non essere in grado di espletare le funzioni quotidiane o che per la sua particolare condizione di età avanzata sia facilmente esposta a possibili azioni di raggiro.
Il ricorso per la nomina può essere presentato – laddove appunto il soggetto che possiede i requisiti non versi in una condizione di infermità mentale ma si trovi ad esempio in stato di menomazione fisica - direttamente dall'interessato e la scelta dell'amministratore ricade, solitamente, sulla persona designata dal beneficiario, salvo sussistano gravi motivi che dovranno risultare dal decreto (art. 408 c.c.).
Possono, inoltre, presentare ricorso per la nomina di un ADS, il coniuge, la persona stabilmente convivente, i parenti entro il IV grado (genitori, fratelli, sorelle, nonni, zii, prozii, nipoti e cugini), gli affini entro il II grado (cognati, suoceri, generi, nuore), il pubblico ministero, il tutore o il curatore. Il ricorso per la nomina dell'amministratore di sostegno può essere presentato senza l'obbligatoria assistenza tecnica di un avvocato, mediante il deposito presso la cancelleria dell’Ufficio del Giudice Tutelare del luogo di residenza del soggetto interessato. Il Giudice Tutelare provvede, entro 60 giorni dalla data di presentazione del ricorso, alla nomina con decreto motivato immediatamente esecutivo. Il provvedimento di nomina contiene, a norma dell’art. 405 c.c., una serie di indicazioni fondamentali quali, oltre alle generalità della persona beneficiaria e dell’amministratore di sostegno, la durata dell’incarico anche a tempo indeterminato, oggetto dell'incarico e degli atti che l'amministratore di sostegno ha il potere di compiere in nome e per conto del beneficiario, atti che il beneficiario può compiere solo con l'assistenza dell'amministratore di sostegno, dei limiti periodici di spesa che l'amministratore di sostegno può sostenere con utilizzo delle somme di cui il beneficiario ha la disponibilità, della periodicità con cui l'amministratore di sostegno deve riferire al giudice circa l'attività svolta e le condizioni di vita personale e sociale del beneficiario (relazioni periodiche e rendicontazione annuale).
Non tutti i soggetti possono ricoprire le funzioni di amministratore di sostegno. Ne sono, infatti, esclusi gli operatori dei servizi pubblici o privati che hanno in cura o in carico il soggetto beneficiario (ai sensi dell’art. 408 c.c.).
In mancanza dell’indicazione di un amministratore di sostegno da parte dell’interessato, ovvero in presenza di gravi motivi, il giudice tutelare può designare con decreto motivato un amministratore di sostegno diverso (solitamente scelto tra i soggetti prima descritti). L’ultimo inciso dell’art. 408 c.c. prevede una regola sussidiaria: il giudice tutelare, quando ne ravvisa l'opportunità, e nel caso di designazione dell'interessato quando ricorrano gravi motivi, può chiamare all'incarico di amministratore di sostegno anche altra persona idonea, estranea al nucleo familiare. Questo accade quando il beneficiario si trovi in condizione di emarginazione sociale, privo di parenti o circondato da parenti non disponibili ad assumere un incarico che spesso si rivela gravoso.
In tale ipotesi, spesso il Giudice Tutelare attinge ad una lista di nominativi (sovente di avvocati) che hanno offerto disponibilità a ricoprire il ruolo, elenco istituito presso gli uffici giudiziari.
Successivamente alla fase della nomina e del giuramento prestato dall’ADS, questi inizia ad operare a sostegno del beneficiario. Come è già emerso nel corso della trattazione dell’argomento, l’attività dell’amministratore di sostegno risulta limitata e circostanziata onde evitare che lo stesso possa ingerire eccessivamente nella sfera di azione privata del soggetto tutelato. In particolare, l’ADS ogniqualvolta ritenga nell’interesse dell’amministrato di dover procedere all’acquisto o alla vendita di un immobile, ad esempio (atti di straordinaria amministrazione), dovrà presentare un’istanza al Giudice Tutelare al fine di ottenere con decreto l’autorizzazione a procedere in tal senso (artt. 409-410 c.c.).
Ci si domanda a questo punto se l’amministratore di sostegno, in considerazione anche delle difficoltà tecniche e pratiche che l’incarico spesso comporta, abbia diritto o meno a un compenso. In realtà, la funzione sociale svolta a tutela del beneficiario si caratterizzerebbe per la sua gratuità. Tuttavia, è prassi prevedere un compenso, rectius un’equa indennità, in forza dell’entità del patrimonio e della gravosità dell’amministrazione. La norma di riferimento è l’art. 411 c.c. che rinvia all’art. 379 c.c., disposizione da cui discende la previsione di un “compenso” per i casi, appunto, più impegnativi. Per quanto riguarda il Tribunale di Roma – Ufficio del Giudice Tutelare – è stato emesso un documento intitolato “Circolare per la liquidazione dell’equa indennità ad amministratori e tutori”, sottoscritto dai magistrati della sezione IX (Tutelare) avente ad oggetto i criteri per la liquidazione dell’equa indennità, che tiene conto del patrimonio liquido dell’amministrato (compresi investimenti in titoli e polizze) e della complessità dell’attività (entità delle attività di amministrazione straordinaria, gestione con elevata conflittualità familiare, terapie sanitarie, ricoveri ospedalieri, etc.). Questo secondo criterio consente di aumentare l’importo destinato all’equa indennità fino alla metà, laddove la complessità dell’incarico assuma una certa rilevanza. Il documento in esame risulta, inoltre, corredato di un’apposita tabella in cui sono individuati gli “scaglioni” del patrimonio liquido e il grado percentuale in aumento in ragione della complessità (scaricabile dal sito web del Tribunale di Roma).
Questa è la teoria. Sì, ma cosa significa, di fatto, svolgere il ruolo di amministratore di sostegno in una città come Roma, dove lo Studio Legale Pietrangeli opera?
Nell’esperienza maturata dall’Avv. Pietrangeli, iscritto da diversi anni negli elenchi degli amministratori di sostegno del Tribunale di Roma – Ufficio del Giudice Tutelare, assumere l’incarico di ADS vuol dire prima di tutto entrare in empatia con il soggetto beneficiario. Ogni persona amministrata, infatti, ha una storia diversa, in cui il grado di difficoltà può variare a seconda delle condizioni di infermità e del disagio sociale in cui il singolo individuo versa. Sorvolando sulle lunghe file in cancelleria, ora anzi diminuite grazie alla possibilità di effettuare il deposito telematico delle istanze nell’interesse dell’amministrato, l’attività di un amministratore di sostegno è irta di ostacoli di ogni genere. Per meglio comprendere di cosa si tratta, occorre menzionare alcuni eventi a cui lo Studio Legale Pietrangeli, anche attraverso l’ausilio dei suoi collaboratori, ha partecipato attivamente al solo fine di curare gli interessi del beneficiario. Nel corso dello svolgimento di uno dei suoi incarichi, l’Avv. Pietrangeli si è trovato a dover assumere delle collaboratrici domestiche per attendere maggiormente alla cura della persona e alla pulizia della casa di un soggetto affetto da demenza, con frequenti sopralluoghi diretti alla verifica delle condizioni degli ambienti abitativi (anche in considerazione della presenza dei tre cani del soggetto amministrato) e alle condizioni di igiene della persona assistita. Non sono mancati i contatti con il personale medico, la prenotazione di visite specialistiche laddove necessario, l’acquisto di medicinali. E non solo; è capitato anche di dover compiere atti di straordinaria amministrazione inerenti ad attività di ristrutturazione di immobili e di stipulazione di un contratto di locazione di un immobile di proprietà del beneficiario al fine di accrescere le entrate del medesimo. Si è, inoltre, reso utile procedere all’inoltro della domanda per il riconoscimento dell’invalidità in alcuni casi. In un'altra ipotesi, si è presentata anche una triste circostanza: il decesso del beneficiario. Si trattava di un caso di profonda emarginazione sociale, in cui oltre alla professionalità e alle conoscenze tecnico-giuridiche, è stato necessario mettere in campo anche le qualità umane. Nel caso specifico, il beneficiario ha dovuto trascorrere un lungo periodo in una clinica a causa delle gravi condizioni di salute psichica in cui versava. In considerazione dell’isolamento affettivo del soggetto in questione (privo di parenti), la visita con cadenza settimanale, talvolta anche bisettimanale dell’amministratore di sostegno ha assunto per il beneficiario l’unico contatto con il mondo esterno e anche, per quanto possibile, una fonte di calore umano (con una funzione quasi di assistenza “psicologica”!). La morte dell’amministrato ha, poi, reso necessari altri “atti dovuti” ai quali l’ADS non poteva sottrarsi, in assenza di un parente disposto a farsene carico. Il coordinamento con i servizi funebri per organizzare il funerale, al fine di onorare la memoria di una persona rimasta sola. Ecco che qui la funzione sociale dell’amministratore di sostegno ha assunto i caratteri di “tutore della memoria” dell’amministrato in stato di estrema emarginazione sociale. Per questo è bene considerare la natura complessa dell’incarico di amministratore di sostegno che non si esaurisce in una mera attività di contabilizzazione delle entrate e delle uscite del patrimonio gestito, ma spesso sfocia nella partecipazione in prima persona alla vita reale, concreta dell’individuo bisognoso, rendendo non solo necessaria, ma anche auspicabile una relazione aperta ed amichevole con la persona affetta da infermità, affinché il soggetto debole possa trovare nell’amministratore di sostegno una figura di riferimento, una persona di fiducia che dia fiato a tutte le sue esigenze inespresse estraendo dall’involucro malato o dalla mente annebbiata e offuscata del beneficiario, la personalità vera, ma sommersa e confusa dell’amministrato.